In Italia, andare in pensione non significa necessariamente interrompere ogni attività lavorativa. Anzi, sono numerose le persone che, una volta raggiunti i requisiti anagrafici o contributivi per il pensionamento, scelgono di proseguire la propria attività professionale. Non si tratta di casi isolati: le ragioni possono essere molteplici e la normativa, almeno in determinate circostanze, consente questa possibilità , che viene effettivamente sfruttata da molti cittadini.
Continuare a lavorare dal punto di vista psicologico
Chi percepisce una pensione di vecchiaia, anticipata o di anzianità può continuare a lavorare senza particolari restrizioni e senza dover rinunciare al trattamento pensionistico. Il reddito derivante dall’attività lavorativa si somma a quello della pensione senza subire penalizzazioni. Questa regola vale sia per chi mantiene un impiego da dipendente sia per chi decide di aprire una partita IVA e intraprendere un’attività autonoma.

Molti scelgono di continuare a lavorare per abitudine: non tutti si sentono a proprio agio a trascorrere le giornate in casa. C’è chi ama alzarsi presto, gustare il caffè e recarsi ancora in laboratorio o nel proprio negozio. Non sempre si tratta di una questione economica: spesso il desiderio è semplicemente quello di mantenere una routine e sentirsi ancora utili e attivi.
L’attività lavorativa, infatti, rappresenta anche un importante stimolo mentale. Un pensionamento improvviso può generare un senso di vuoto o, in alcuni casi, portare a una lieve depressione. Restare impegnati aiuta a mantenere la mente allenata e numerosi studi confermano che le attività quotidiane, i rapporti sociali e la necessità di risolvere piccoli problemi hanno un impatto positivo, soprattutto dopo i 65 anni.
Quando la motivazione è economica
In altri casi, la motivazione principale è di natura economica. La pensione può non essere sufficiente oppure si desidera conservare il proprio tenore di vita. Alcuni devono ancora sostenere figli, estinguere mutui o affrontare spese sanitarie; altri preferiscono non intaccare i risparmi accumulati. In questi casi, lavorare rappresenta una sicurezza aggiuntiva.

Per molti, inoltre, il lavoro è un’occasione per mantenere una vita sociale attiva. Dopo il pensionamento, le opportunità di socializzazione possono diminuire: meno colleghi, meno appuntamenti, meno occasioni di confronto. Tornare a lavorare, anche solo part-time, permette di coltivare relazioni e interessi. Alcuni scelgono il volontariato o si dedicano a passioni artigianali messe da parte durante la vita lavorativa.
Va però considerato anche l’aspetto burocratico: chi continua a lavorare deve nuovamente versare i contributi INPS, anche se già pensionato. Sebbene possa sembrare inutile, questi contributi, dopo un certo periodo, possono dare diritto a un piccolo incremento della pensione, noto come supplemento.
Come funziona con la pensione di invaliditÃ
La situazione è diversa per chi percepisce una pensione di invalidità . In questi casi esistono limiti di reddito da rispettare: se il reddito da lavoro supera determinate soglie, si rischia la riduzione dell’importo pensionistico, soprattutto se si oltrepassa il minimo previsto dalla legge. È sempre consigliabile rivolgersi a un patronato o all’INPS per verificare la propria posizione prima di intraprendere una nuova attività lavorativa.

Non va dimenticato il fisco: sia la pensione sia il reddito da lavoro sono soggetti a tassazione IRPEF e vengono cumulati. Questo può comportare il passaggio a uno scaglione fiscale superiore e, di conseguenza, un aumento delle imposte da pagare. Per questo motivo, non sempre conviene lavorare troppo, soprattutto se si tratta di attività saltuarie.
Chi apre una partita IVA dopo il pensionamento può usufruire, se ne ha i requisiti, del regime forfettario, che prevede minori adempimenti e una tassazione agevolata, ma impone limiti di reddito annuo. Chi supera tali limiti deve adottare il regime ordinario, più complesso e oneroso. È una scelta che va valutata attentamente in base alle proprie esigenze e possibilità .
L’amore per il proprio lavoro
Molti pensionati si dedicano a piccoli lavori occasionali: c’è chi offre ripetizioni, chi si occupa di giardinaggio, chi effettua piccole riparazioni o servizi di accompagnamento. Si tratta di attività che richiedono investimenti minimi e garantiscono una certa flessibilità . Tuttavia, è importante prestare attenzione agli aspetti fiscali per evitare di incorrere in sanzioni, poiché alcune di queste attività possono rientrare in zone grigie della normativa.

Vi sono poi pensionati che scelgono di tornare al mestiere di sempre, spesso spinti da una vera e propria passione. Medici in pensione che collaborano con cliniche private, insegnanti che tengono corsi serali, artigiani che riprendono il proprio banco di lavoro: in questi casi, più che una questione economica, si tratta del desiderio di non perdere un’identità costruita in anni di dedizione e impegno.
In conclusione, lavorare dopo la pensione è possibile e rappresenta una scelta personale, motivata da ragioni diverse. Tuttavia, è fondamentale conoscere le regole che disciplinano questa possibilità , valutare attentamente le conseguenze fiscali e previdenziali e considerare i propri limiti. La libertà di continuare a lavorare esiste, ma va esercitata con consapevolezza e informazione.